Confederation Cup: derby rovente nella semifinale tra Brasile ed Uruguay

Andrea Stano. Domani sera alle ore 21 italiane si giocherà la prima semifinale di questa emozionantissima Confederation Cup. L'incontro è di quelli infuocati, visti i trascorsi turbolenti tra le due formazioni sudamericane, Brasile ed Uruguay.
I padroni di casa stanno disputando un torneo impeccabile: primi nel loro girone, tre vittorie su tre partite giocate, nove gol realizzati e solo due subiti, quelli di Giaccherini e Chiellini nell'ultima sfida con l'Italia.
L'Uruguay, invece, accede alla semifinale da seconda nel proprio gruppo, dietro l'inarrivabile Spagna. La compagine allenata da Tabarez ha perso soltanto contro le Furie Rosse vincendo le altre due sfide con Tahiti e Nigeria. La differenza reti (11-3) è a dir poco strabiliante, in virtù degli otto gol rifilati al Tahiti nell'ulima gara del girone.
Il Brasile scenderà in campo con la formazione tipo con Julio Cesare trai pali, Daniel Alves e Marcelo terzini e la coppia di centrali composta da Thiago Silva e David Luis (nel caso in cui il difensore del Chelsea non dovesse farcela, è pronto Dante, riccioluto marcatore del Bayern di Monaco). A centrocampo solito duo Luis Gustavo-Paulinho e tridente spettacolare formato da Hulk, l'irrefrenabile Neymar ed Oscar al servizio dell'unica punta Fred.
L'Uruguay, dopo l'ampio turn over applicato da Tabarez contro la selezione dell'Oceania, tornerà alla formazione titolare schierando una squadra più confacente all'impegno tanto delicato quanto difficile contro i pentacampeones. Muslera in porta; Caceres, Godin, Lugano e Alvaro Pereira in difesa (quest'ultimo in ballottaggio con Maxi Pereira); centrocampo a tre con Rios, Rodriguez (ma occhio all'interista Gargano) e Gonzalez; attacco formidabile con le stelle Forlan, Cavani e Suarez, con il centravanti del Liverpool che sembrerebbe godere di una forma migliore rispetto ai suoi colleghi di reparto.
I precedenti tra Brasile ed Uruguay sono notevoli, ben 36, distinti da un sostanziale equilibrio: 12 successi per i carioca e 11 per i biancoazzurri.
Il sapore di questa partita è tutto particolare. Gli animi tra le due tifoserie non si sono mai raffreddati da quel 16 luglio 1950, giorno in cui a Rio de Janeiro, l'Uruguay di Schiaffino si aggiudicò il secondo Mondiale della sua storia superando 2 a 1 proprio il Brasile ospitante del torneo.
Un avvenimento infausto, sfociato in tragedia, che il mondo ricorda con l'espressione "Disastro del Maracanà".
Il popolo brasiliano era convinto del titolo, i calciatori venivano già chiamati "campioni del mondo" prima ancora che la partita fosse giocata, la Federcalcio brasiliana aveva fatto stampare migliaia di cartoline commemorative e coniare 22 medaglie con le quali fregiare gli atleti della propria selezione.
Al termine della partita al Maracanà (riempito di quasi 200mila spettatori, record mondiale) la situazione divenne drammatica. Ci fu chi si gettò dagli spalti per la disperazione e chi venne persino colpito da infarto. In tutto il Brasile (verranno indetti tre giorni di lutto nazionale) sono accertati 56 morti per arresto cardiaco e 36 suicidi (molti brasiliani, infatti, avevano scommesso tutto il proprio personale patrimonio sul successo del Brasile, ritrovandosi, poi, sul lastrico).
Molti considerarono la finale dei Mondiali di calcio del 1950, la pagina più triste della storia del Brasile. Il portiere Barbosa, caprio espiatorio del momento, venne ritenuto il principale responsabile della sconfitta, dovendo portarsi dietro questa pesantissima eredità fino alla sua morte nel marzo del 2000. L'allora allenatore, Flavio Costa, fu costretto a lasciare temporaneamente il paese.
Il Brasile, per scaramanzia, decise di abbandonare i colori della maglia (bianca con colletto blu) per passare dapprima ad un completo azzurro e solo successivamente all'ormai tradizionale casacca verdeoro, ispirata ai colori della bandiera nazionale.
L'eroe uruguayano di quella indimenticabile serata fu Alcides Ghiggia, autore più tardi della celebre e pungente dichiarazione: "A sole tre persone è bastato un gesto per far tacere il Maracanà: Frank Sinatra, il Papa ed io".
Quella di domani sera sarà, dunque, una sfida dalla grande rivalità sperando, tuttavia, che a vincere possano essere l'allegria, il rispetto, l'integrazione e il bel calcio giocato.

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