Da "I have a dream" alla prima giornata di Seria A

di Luigi Laguaragnella
Nell' agosto 2013 (ieri 28)  ricorrono i cinquant'anni dal celebre discorso di Martin Luther King, in cui urlando "I have a dream" diede un impulso ai diritti dei neri americani dando un bello scacco alle discriminazioni razziali. E grazie alle sue parole oggi, per milioni di neri che vivono in America, si può dire che il sogno si sia trasformato in realtà, che non sarebbe altro quella di vivere con uguali dignità. Se poi, il diritto, tutt'oggi venga rispettato o meno, dipende dalla cultura e dalle generazioni del tempo.
Il cinquantesimo di "I have a dream" fa eco con il campionato italiano appena iniziato. Più che eco, stona.
La serie A è incominciata su polemiche e discussioni vecchie... cinquant'anni. Nello sport più bello del mondo, in cui davvero le culture e il colore della pelle sono mischiati con i calciatori provenienti dai quattro angoli della Terra e molti dei quali, anche di pelle nera (sì, Ultras Laziali, anche nella vostra squadra) sono i beniamini dei tifosi e li fanno "sognare", si è dato il fischio d'inizio con l'allarme razzismo e soprattutto sulle modalità più consone o meno di inveire contro un calciatore. Tanti piccoli fatti della prima giornata, portano ad un solo commento: ipocrisia.
Forse si è voluto correre ai ripari dopo Lazio - Juve di Supercoppa per fare bella scena, dato che il pallone è una scena televisiva. Onestamente con risultati falsi.
Dopo gli ululati o meglio "bububu", questi, sì consapevoli di gruppi di ragazzi (si presume sostenitori della Lazio) che conoscono la storia esclusivamente da un punto di vista, verso Ogbonna, Pogba e chiunque altro avesse la pelle nera, ma con la maglia bianconera, ad ogni loro tocco di palla, obbligando addirittura l'arbitro a sospendere la partita a pochi minuti dalla fine, dai vertici del calcio è scattato l'allarme di essere intransigenti e, in previsione della prima giornata, essere duri in casi di razzismo dagli spalti. A Verona, c'era preoccupazione, conoscendo i precedenti dei sostenitori dell'Hellas, alcuni dei quali protagonisti di casi di discriminazione per colore della pelle, anche se ad accendere la miccia è stato uno dei calciatori simbolo della nostra Italia. Balotelli, alla vigilia della trasferta del Milan a Verona ha provocato con una frase su Twitter la tifoseria veneta. La frase, è vero, non ha nulla a che far pensare al razzismo. Anzi, era un incitamento a rivalità "ultras" esistente tra tifosi bresciani (Balotelli scrive "vi presento... un bresciano") e veronesi. E' un po' come servire ai tifosi più caldi, un pasto succulento su piatto d'argento. La provocazione di Balotelli, infatti, gioca al limite tra tipi di rivalità: quella tra i colori di una città e quelli della pelle, di cui, per l'ultimo caso, Supermario ha sempre denunciato la stupidità in ogni stadio dove si potevano sentire "bubububu".
Con la frase su Twitter, inevitabili, sono state le reazioni non solo del Verona Calcio, ma anche degli amministratori del capoluogo, come se si fossero sentiti colti su un punto, quello del razzismo (e, a questo punto, anche dell'immigrazione) che in Veneto è sempre in discussione. E a causa di alcuni veronesi con ideali (?) discriminatori purtroppo viene a galla sempre il lato negativo. Immediatamente da tutte le parti sportive, comunali, giornalistiche si è richiamato i tifosi più caldi del Verona a non cedere alla provocazioni dell'attaccante azzurro e quindi di non cadere nell'errore di far sentire gli ululati. E allora ci si ritrova nuovamente a discutere su questi "rumori" da stadio, pronti a capire da come vengano emessi se si tratti di razzismo e solo rivalità sportiva. Non lo sapremo mai perchè gli spalti sono frequentati da migliaia di persone, alcune per sentirsi parte del gruppo seguono l'onda, altri anzichè fischiare (perchè non ne sono capaci) emettono quel suono, altri ancora sono convinti della loro superiorità, a questo punto, ariana!
Allora, per non fare brutta figura in televisione, i veronesi hanno pensato si sostituire i "bububu" con applausi o il coro "Mario, Mario, Mario" ad ogni tocco di palla dell'attaccante rossonero. Ora il ragionamento è questo: se l'intenzione della protesta contro Balotelli fosse di germe razziale e non calcistica, cosa cambia da un "bububu" ad un battito di mani? Solo, come ha detto Buffon in un'intervista, che almeno c'è stata una disapprovazione verso Balotelli con toni più civili, ironici. Ipocrisia pura. Dovremmo chiedere ad ogni veronese se in quei gesti c'era dell'ironia, ma ovviamente non lo sapremo mai. Insomma grazie, per così dire, alla non esaltante saggezza di Balotelli, si è potuto mascherare un gesto discriminatorio e farlo passare per civile. E guarda caso Supermario: a fine gara tra milanisti e veronesi qualche zuffa è avvenuta! 
I tifosi laziali, in Supercoppa sono stati spudorati, i veronesi più "raffinati". Con questo non si vuole assolutamente insinuare che tutti i laziali e tutti i veronesi siano razzisti, ma per chi conosce un po' gli spalti e qualcosa di "testa calde", sarebbe ipocrita dire che "non c'è gente razzista". E, probabilmente anche gli organi competenti lo sanno, ma come sempre non fanno niente. Conclusione dei fatti: non sapremo mai se a Verona i cori a Balotelli e il battito di mani siano avvenuti perchè di pelle scura, bresciano o antipatico. 
Certamente alcuni veronesi non sono innocenti, come non lo è Balotelli. In tv, seguendo la scia di Buffon, si è detto ipocritamente, quasi con il sorrisetto, che parte del pubblico veronese è stato civile. Atteggiamento ipocrita, come la decisione della società Lazio di scendere in campo con una scritta sulle maglie contro il razzismo, accompagnati da tanti bambini di pelle scura. Significa, forse, dar peso alle differenze, evidenziare eccessivamente le diversità, diversità che è già eloquente nella normalità della vita quotidiana. 

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