Gravina sfida il Governo: "Ci imponga il blocco"

di PIERO CHIMENTI - Il Presidente della Figc, Gabriele Gravina, intervenuto al meeting online dell'Ascoli Calcio "Crescere Insieme", si augura che il campionato di calcio italiano possa ripartire in quanto ha un forte impatto sociale. Gravina, rispondendo indirettamente alle dichiarazioni del Ministro dello Sport Spadafora, ha annunciato che non firmerà mai un blocco definitivo della competizione, in quanto varrebbe dire la morte del calcio italiano con perdite che si stimerebbero sui 700-800 milioni di euro, che si attesterebbero a 300 milioni nell'ipotesi in cui la Serie A proseguisse a porte chiuse.

Il presidente della Figc, per avvalorare le sue affermazioni, prende in esempio il Psg che, con l'annuncio della conclusione della Ligue 1, avrebbe perso 200 milioni senza sapere se potrà partecipare alle fasi eliminatorie della Champions League. Gravina, infine, ribadendo la propria posizione mette alle strette il Governo: "Vi immaginate quanti contenziosi dovremmo affrontare in caso di stop? Chi viene promosso? Chi retrocede? Quali diritti andremo a calpestare? Tutti invocano il blocco, lo faccia il Governo, ce lo imponga, io rispetterò sempre le regole. Sento dire che dobbiamo aspettare il contagio 0 e il vaccino. In questo modo in pratica ci stanno dicendo che non potremo disputare neanche il campionato 2020/2021. Quando sarà pronto il vaccino? Quando sarà disponibile? C’è differenza - spiega - tra il gioco del pallone nelle piazzette e negli oratori e l’industria calcio, che è un’altra cosa. Ai calciatori con famiglie cosa diremo? Che magari per i prossimi 2-3 anni dovranno cambiare mestiere? Ogni giorno devo rintuzzare attacchi e la gente non capisce o fa finta di non capire. Ribadisco ancora una volta il concetto: io la firma su un blocco del campionato non la metterò mai. Se non ragionassimo come sistema, la ripartenza per i club avrebbe dei costi fissi ingenti. Non ci saranno incassi dai botteghini, ci saranno meno sponsor perché le aziende sono in difficoltà, la valorizzazione del prodotto correrebbe il rischio di avere meno peso specifico, ci saranno meno diritti televisivi", conclude Gravina.

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