Andrea Stano. Il calcio è lo sport più bello del mondo. E’ divertente, appassionante, travolgente e persino mutevole. Le tattiche si evolvono continuamente e il calcio è in grado di cambiare pelle nella sue metamorfosi. Nell’era contemporanea, o meglio ancora, in epoca recente, il massimo livello di spettacolo e concretezza in campo l’ha registrato il Barcellona di Pep Guardiola con le sue mosse implacabili e disarmanti: possesso palla prolungato, gioco di prima, rapide verticalizzazioni ma soprattutto pressing forsennato. La Juventus di mister Conte è una delle squadre che più si avvicina al gioco catalano, con le dovute proporzioni a livello tecnico naturalmente, e il continente tutto adesso ne ha preso consapevolezza dopo il successo col Chelsea nel martedì di coppe. I bianconeri hanno vinto anche lo scudetto lo scorso anno, malgrado gli errori arbitrali che ne hanno condizionato il cammino, e sono più che mai proiettati al bis nel 2013.
Ieri sera il Milan ha deciso di stravolgere i propri tifosi adottando proprio le modalità tattiche dei suoi avversari riuscendo a vincere un’insperata partita senza eccessive difficoltà di sorta, nonostante un penalty inesistente. Il pressing altissimo comandato da Allegri non ha lasciato scampo ad una retroguardia juventina mai così in difficoltà, a volte persino imbarazzante, basti pensare allo strampalato passaggio di Buffon sui piedi di Barzagli, l’unico vero fenomeno nella retroguardia di Conte. Pirlo soffocato ma non nelle marcature. Una mano invisibile faceva in modo che l’ex regista rossonero non avesse molti palloni da giocare, arpionati sul nascere dai vari El Shaarawy, Montolivo e Boateng, non ancora in formissima e lontano anni luce dal bestione dello scudetto.
Persino De Jong, fino ad oggi per nulla irresistibile, è parso un fenomeno al cospetto di chi a calcio sa giocare sul serio, vedi Marchisio e Vidal, ieri comunque non pervenuti, anzi, quasi irritanti agli occhi dei propri sostenitori.
La partita probabilmente in via Turati era sentita con un pathos diverso, a maggior ragione per un passato recente burrascoso (gol fantasma di Muntari). Vincere con la prima in classifica dopo le validissime parole in termini psicologici di Berlusconi, ultimamente più vicino ai propri uomini per spronarli ed elicitarne fiducia e coraggio, significava moltissimo. La Juventus ha sottovalutato un avversario si, in crescita, ma irriconoscibile in questo campionato per via delle illustri partenze estive. Tuttavia Allegri, sulla reticola da inizio stagione, ha capito come beffare il suo acerrimo rivale che paga la rilassatezza dei suoi uomini e il faticoso impegno di Champions (situazione che lo scorso anno non aveva provato permettendo di spingere sull’acceleratore senza mai esaurire carburante).
C’è da domandarsi, ora, se il Milan continuerà su questo percorso oppure tornerà quella squadra svampita e bipolare visto fino ad adesso. Allegri deve cominciare a ragionare nuovamente da allenatore di una grande squadra, ispirarsi a chi gli sta di fronte, anche la stessa Juve che, c’è da scommetterci, sarà già protagonista il prossimo turno nel delicato derby col Torino.
Per risollevarsi in via definitiva c’è bisogno di sacrificio e abnegazione, proprio come quello sfoggiato nella vittoria appena consumatasi. Il faraone El Shaarawy in questo ne è un esempio lampante. Il ragazzino cresciuto nel Genoa è il vero top player della seria A. In campo è ovunque, gioca bene da terzino come da attaccante esterno ricordando sempre di più quel famigerato Eto’o ammirato nell’Inter di Mourinho.
A Catania, sfida difficile quanto quella disputata ieri, andrà in scena un test importante per capire quali sono realmente le ambizioni e allo stesso tempo i limiti dei rossoneri, aspettando gennaio e il mercato di riparazione. La finestra invernale del calciomercato, infatti, potrà rivelarsi provvidenziale per il prosieguo della stagione.
L’ultima considerazione è rivolta ad un giovane emergente, ieri superlativo nella marcature di Asamoah. Si tratta di De sciglio, terzino di una personalità fuori dal comune, di grande carattere e accessoriato di capacità tecniche in grado di poterlo spingere ad alti livelli. L’importante è che la squadra creda nelle sue potenzialità senza esaltarlo più del dovuto ma fornendogli tutte le basi possibili per una maturazione professionale.
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