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NAPOLI - Napoli festeggia. Lo fa con l’anima, con il cuore, con la voce spezzata dalla gioia. Gli azzurri sono campioni d’Italia, di nuovo. È successo tutto al minuto 42, in un’altra notte da tramandare, di quelle che si scolpiscono nella memoria collettiva.
Un pallone apparentemente indecifrabile, sospeso tra l’ansia di un intero stadio e la tensione di una città che tratteneva il respiro. Poi, come una folgorazione, Scott McTominay ha deciso che era il momento di riscrivere la storia: si è avvitato su se stesso sul traversone di Politano, dimenticando la logica, ignorando la gravità, e con una sforbiciata degna delle antologie del calcio, ha spezzato la notte. Ha spezzato il silenzio. Ha dato il via alla festa.
Il Napoli non ha mollato nemmeno per un istante. Il Cagliari ha provato a reagire, con orgoglio e dignità, ma è stato travolto da una squadra che ha ballato sul filo del sogno. Occasioni in serie: Raspadori, Politano, Spinazzola… ma il gol non arrivava. Poi, come un brivido lungo la schiena, la notizia del vantaggio dell’Inter a Como ha attraversato il Maradona come un’ombra. Ma nulla ha scalfito il Napoli. Nessuna paura, nessuna distrazione: solo gioco, consapevolezza, fiducia. Perché a volte, basta un gol. Uno solo.
E quel sigillo finale è arrivato alle 22:02. Romelu Lukaku ha deciso che era tempo di chiudere i conti: ha spazzato via gli avversari con la sua potenza, come solo lui sa fare. 2-0. Game over. Lo scudetto tornava ufficialmente a Napoli. Da quel momento, la festa è potuta esplodere.
Antonio Conte, l’architetto silenzioso di questo capolavoro, ha osservato tutto dall’alto, impassibile, nella sua postazione che sovrasta la tribuna stampa. Ma dentro, era un vulcano. Lo sapevano tutti, lo sentivano tutti. Quelle mani tese verso di lui, a ringraziarlo, a celebrarlo, erano il tributo di un popolo intero.
Ci sono voluti due anni. Settantacinque settimane. 750 giorni. In mezzo, l’euforia di Spalletti, la delusione di una stagione da dimenticare, e infine il ritorno trionfale. Napoli conquista il suo quarto scudetto e lo fa come meglio non si poteva: da protagonista, da regina, da leggenda.
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